Ti ricordi quel ristorante in cui abbiamo cenato quella sera?
Eravamo a New York. No, eravamo ad Ottawa!
O forse Londra. Poteva anche essere Dubai.
Che tanto questi locali 
à la page stanno diventando tutti 
“globalmente” uguali, monocordi, ripetitivi e senza carattere alcuno, 
conformati alla superficiale estetica della cultura contemporanea. Per 
quale motivo gli interior designer hanno paura di inserire non dico 
citazioni leziose, iconoclastiche, del passato ma elementi che 
contestualizzino il territorio e le tradizioni locali del luogo 
(lasciamo perdere i 
non-luoghi) in cui stanno operando?
Perchè lo fanno i grandi “maestri” dell’Architettura contemporanea, 
le più autoreferenziali Archistar, le più pagate, sfogliate, idolatrate 
divinità dell’olimpo mediatico popolare (leggi 
pop).Così le 
grandi torri firmate da Foster, come nel gioco del Monopoli, potrebbero 
essere spostate a Barcellona, Londra o NYC, ma certo farebbero la loro 
discreta figura anche a Parigi, piuttosto che a Milano, Berlino o Praga e
 perchè no, a New Delhi?
E’ davvero questo il modello di città che vogliamo?
Un’unica, melensa, omologata e autoreferenziale omogeneità.
Mi rendo conto che questo discorso può suonare anacronistico; che 
questo processo di Globalizzazione sia irreversibile, immutabile, 
inarrestabile. Che una società laica, multietnica, multiculturale, 
multilinguista ha bisogno di luoghi in cui ritrovarsi che possano 
contenere tutti allo stesso modo.
Io stesso quando studiavo in Germania mi sono trovato a partecipare e
 vincere un concorso accademico per la progettazione di un cimitero a 
Maastricht, in Olanda: pensai che il verde fosse l’unico elemento in cui
 poter seppellire indistintamente persone di religioni e culture 
diversissime tra loro; che il paesaggio 
naturale fa sentire a 
casa tutti, così come il Paradiso Terrestre viene raccontato giardino 
dell’abbondanza in tante religioni nate nel deserto.
E pur tuttavia questo scenario di omologazione mi spaventa, lo temo enormemente.
Agli artisti, ai creativi, voglio fare un appello.
Quando vi troverete a progettare gli interni di una abitazione, 
piuttosto che di un luogo pubblico o di un esercizio commerciale, 
pensate al territorio in cui nasce, alla luce naturale in cui dovrà 
risplendere, agli odori e alle suggestioni di quel luogo, alla sua 
storia artistica, commerciale, culturale e meno al 
vostro stile, all’imperante uguaglianza contemporanea.
Altrimenti gli autori di quel progetto potreste non essere voi ma 
qualunque altro progettista contemporaneo.
http://ffarchitetto.wordpress.com/ 
di  Ferdinando Fiorini